I pro e i contro dello smart working

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Il lavoro flessibile (o agile), cioè la possibilità di lavorare da remoto (da casa), offre indubbi vantaggi sia la lavoratore e al datore di lavoro.  I vantaggi di quello che in inglese viene chiamato “smart working” sono spesso evidenziati dai media, a partire dalla possibilità di conciliare meglio i tempi di vita privata e professionale, al punto che il Governo ha tentato di regolamentare lo smart working con un Ddl collegato alla Legge di Stabilità 2016.

Come in ogni cosa, però, vanno considerati anche gli aspetti negativi del lavorare da casa, ad esempio il fatto che spesso chi lavora da remoto finisce per lavorare per periodi più lunghi rispetto alle 8 ore canoniche e con ritmi più intensi, al di fuori delle distrazioni del luogo di lavoro e dei ritmi degli uffici relativi alle pausa (pranzo, caffè, sigaretta, etc.). La maggiore produttività degli smart workers è uno dei motivi per cui sempre più aziende stanno puntando sul lavoro flessibile; secondo diversi studi infatti, di norma, tali lavoratori si dimostrano persino più diligenti dei lavoratori “classici”.

Molti dipendenti che lavorano da remoto, però, non essendo vincolati ai canonici orari d’ufficio, finiscono per lavorare ore in più durante il giorno e durante la settimana, spesso anche di notte o nei weekend. Questo avviene, nella maggioranza dei casi, per la volontà di dimostrare il proprio impegno e la passione per il proprio lavoro. I ricercatori hanno denominato tale fenomeno con il termine “stigma della flessibilità”. Secondo Joan C. Williams, direttore del Centro per il diritto WorkLife presso l’Università della California Hastings college of the Law, nelle professioni che richiedono un elevato livello di specializzazione lo stigma della flessibilità deriva da ciò che il sociologo chiama “norma della devozione al lavoro”, che porta a sentire il dovere di dover dimostrare che si è degni del proprio lavoro. Così questo diventa il fulcro centrale della propria vita e, nei casi in cui lavorano da remoto, tale devozione si traduce in un sovraccarico di lavoro in orari che Williams definisce “folli”.

Tra i soggetti più esposti a questo stigma ci sono certamente le donne con bambini, le quali hanno una maggiore probabilità di voler e poter sfruttare la flessibilità del datore di lavoro. È uno dei rovesci della medaglia della diffusione delle tecnologie, come sottolinea Williams:«La tecnologia ora non pone limiti di lavoro. Quindi dobbiamo impostare questi confini di lavoro attraverso norme sociali». Nel corso degli ultimi due decenni, infatti, la diffusione di strumenti mobile, internet e tecnologie sempre più sofisticate ha fatto sì che sempre meno persone abbiano bisogno di essere in ufficio per svolgere il proprio lavoro.

Tornando alle novità introdotte dal Ddl, esso prevede per lo smart working il diritto al trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. Inoltre, gli incentivi fiscali e contributivi previsti per il lavoro subordinato in materia di salario di produttività sono applicabili anche al lavoro agile. Ci sono poi una serie di norme per tutelare la sicurezza sul lavoro di coloro che svolgono la prestazione con modalità di smart working: in genere, la copertura INAIL è collegata alla presenza in sede del lavoratore, mentre vengono introdotti meccanismi per estenderla anche al lavoro agile. E’ sempre previsto che i contratti collettivi di lavoro possano introdurre ulteriori regole in materia di smart working.

 

 

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