Il danno differenziale

Il danno differenziale

Qualora il lavoratore sia vittima di un infortunio avvenuto durante il normale tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, si pone il problema della determinazione del c.d. “danno differenziale”, vale a dire il danno risarcibile al lavoratore ottenuto dalla differenza tra quanto versato dall’Inail a titolo di indennizzo e quanto è possibile richiedere al responsabile civile a titolo di risarcimento del danno.

Occorre innanzitutto precisare che, in base alla normativa attualmente in vigore, le voci di danno non patrimoniale non coperte dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali risultano essere: I) il danno morale; II) il danno da invalidità permanente inferiore al 6%; III) il danno biologico temporaneo; IV) la quota di personalizzazione del danno biologico; V) il danno biologico iure proprio degli eredi; VI) il danno esistenziale. Ad esse deve poi essere aggiunto il danno patrimoniale per inabilità inferiori al 6%.

Tali voci di danno rappresentano il danno complementare che il lavoratore ha diritto di richiedere a titolo di risarcimento in quanto, per l’appunto, escluso dall’ambito di indennizzo dell’Inail.

La distinzione tra tale insieme di voci di danno e quella rappresentata dal danno differenziale è ben rappresentata in giurisprudenza anche dopo l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2008: “Quanto al rapporto tra rendita vitalizia erogata dall’Inail e risarcimento dei danni non patrimoniali (ivi compresi quello alla salute o biologico e quello morale) conseguenti ad infortunio sul lavoro, in conseguenza dell’estraneità di tali comportamenti di danno alla copertura dell’assicurazione obbligatoria disciplinata dal d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 e in applicazione dei principi affermati nelle sentenze della Corte Costituzionale nn. 87, 356 e 485 del 1991, le limitazioni poste dall’art. 10, d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 all’azione risarcitoria del lavoratore infortunato nei confronti del datore di lavoro – sia in punto di an (responsabilità penale) sia in quanto di quantum (danno differenziale) – riguardano solo il danno patrimoniale collegato alla capacità lavorativa generica, mentre esse non si applicano al danno alla salute o biologico e di danni morali ex art. 2059 c.c., entrambi di natura non patrimoniale esulanti dalla copertura assicurativa obbligatoria (mentre secondo la disciplina successiva, introdotta dall’art. 13, d.lg. 23 febbraio 2000 n. 38, anche il danno biologico è coperto da tale forma assicurativa), sicché il lavoratore ha diritto al loro risarcimento integrale in presenza dei presupposti della relativa responsabilità del datore di lavoro. Dunque, il risarcimento integrale di queste voci di danno costituisce un diritto del lavoratore infortunato da far valere autonomamente, e non già a titolo differenziale , nei confronti del proprio datore di lavoro, indipendentemente dall’entità dell’indennizzo erogato dall’istituto assicuratore, nei casi di infortunio o malattia professionale addebitabili ad una colpa, anche se concorrente e non di rilievo penale, del datore di lavoro o di un qualsiasi suo sottoposto di cui egli debba rispondere civilmente, con la sola esclusione – secondo le regole generali – dei casi in cui l’evento lesivo sia riconducibile a caso fortuito, a forza maggiore, o a colpa esclusiva dello stesso lavoratore” (Cons. st. 19.1.2011, n. 365, CDS, 2011, 1).

Il problema è dunque legato al danno biologico differenziale, vale a dire quell’importo che si ottiene sottraendo quello determinato a titolo di indennizzo in base alla tabelle di cui all’art. 13 d.lgs. n. 38/2000 e quello individuato a titolo di risarcimento in base a barémes e tabelle (legali o convenzionali) differenti.

Qualora il soggetto responsabile del danno subito dal lavoratore sia diverso dal datore di lavoro, si pongono peraltro problemi di agevole soluzione.

Innanzitutto, al pari dell’ipotesi in cui responsabile sia il datore di lavoro, la vittima ha diritto di richiedere il risarcimento del danno non patrimoniale complementare (danno morale, danno da invalidità permanente inferiore al 6%, il danno biologico temporaneo, quota di personalizzazione del danno biologico, danno biologico iure proprio degli eredi, il danno esistenziale).

Riguardo al risarcimento del danno biologico permanente, la vittima avrà inoltre diritto ad ottenere il danno differenziale, calcolato secondo la seguente procedura: I) accertamento del danno biologico secondo i barémes legali (art. 139 cod. ass.) o convenzionali; II) liquidazione del danno biologico secondo le tabelle legali (art. 139 cod. ass.) o in uso presso l’ufficio giudiziario; III) individuazione dell’importo già liquidato dall’Inail a titolo di danno biologico; IV) sottrazione dell’indennizzo Inail di cui al punto III) dall’importo determinato in base ai punti I) e II).

Infine, nel caso in cui la vittima dimostri ulteriori pregiudizi sul piano patrimoniale rispetto a quelli individuati in applicazione dei criteri di calcolo della rendita INAIL, al medesimo sarà dovuto l’ulteriore importo differenziale.

Avv. Mauro Sella

Avv. Mauro Sella