E-mail private dall’indirizzo aziendale: si rischia il licenziamento

Un focus sull'export italiano

A tutti sarà capitato di inviare, per necessità o per comodità, un messaggio di posta elettronica personale dall’indirizzo dell’ufficio. Se la pratica non è autorizzata dal datore di lavoro, il rischio concreto è quello del licenziamento.

Lo ha affermato la Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo in una recente sentenza, affermando che l’azienda ha il diritto di accedere all’account di posta che il dipendente utilizza nello svolgimento delle proprie mansioni, al fine di verificarne il corretto svolgimento. Di conseguenza un controllo di questo tipo è equiparabile ad un qualsiasi altro controllo, come potrebbe essere quello sul consumo congruo del materiale di cancelleria. In caso di indebito utilizzo della mailbox aziendale, è dunque possibile il licenziamento del lavoratore colpevole.

Alla base del pronunciamento della Corte Europea, vi è soprattutto il concetto secondo cui un comportamento del genere, se reiterato nel tempo, possa essere la causa di un inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del dipendente o, comunque, di un ritardo nell’espletamento degli stessi. Non c’è dunque nel caso specifico alcuna violazione della privacy, dal momento che la presunzione applicata a favore del datore di lavoro è che lo strumento costituito dalla posta elettronica aziendale sia usato soltanto a scopo professionale, mentre quella a sfavore del dipendente è la consapevolezza dello stesso di compiere un atto non autorizzato.

Per evitare situazioni spiacevoli è dunque importante che tale utilizzo sia regolamentato a monte, al pari di quello delle caselle di posta elettronica personali, ed in generale di Internet (per fini privati), in orario di lavoro. Non a caso la recente riforma in materia di Lavoro in Italia ha previsto che l’azienda informi preventivamente il lavoratore nel momento in cui un strumento fornito per svolgere le mansioni previste (telefono, computer) sia dotato di sistema di controllo a distanza. In passato tale controllo doveva essere sottoposto a procedure di autorizzazione oggi non più richieste, a patto che i dati raccolti nel corso dell’attività di controllo siano utilizzati solo per verificare la corretta esecuzione del contratto e/o per fini disciplinari.

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