Niente prova per fatti non contestati (anche in ambito tributario)

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Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito che le circostanze e i fatti affermati e prospettati da una delle parti processuali nei propri atti difensivi devono essere assunti come pacifici dall’organo giudicante, senza bisogno di alcuna prova a riguardo, quando gli stessi fatti non siano stati tempestivamente contestati dalla controparte.

Ciò in forza del principio di non contestazione, ex articolo 115 del codice di procedura civile, pienamente applicabile nel processo tributario. La questione riguarda la necessità (l’obbligo) per il giudice tributario di basare la propria decisione su dei fatti, affermati da uno degli attori del processo e non accompagnati da elementi di prova volti a dimostrarne la sussistenza, su cui non vi sia stata tempestiva e specifica contestazione a opera della controparte. Tali fatti, non contestati, debbono assumersi come pacifici.

Il principio di non contestazione «deve intendersi come onere di contestazione tempestiva dei fatti ex adverso dedotti»; corollario di tale principio è la «non necessità di prova dei fatti suddetti, in quanto imposti al giudice come fatti pacifici». L’onere di contestazione (con la relativa conseguenza, per il giudice, di dover ritenere non abbisognevole di prova quanto non espressamente contestato) è principio generale che informa il sistema processuale tributario, poggiando le proprie basi non soltanto sul tenore letterale degli articoli 115 c.p.c. («il giudice deve porre a fondamento della decisione… i fatti non specificatamente contestati») e 167 c.p.c. («nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda»), ma anche sul carattere dispositivo del processo stesso, che comporta una struttura dialettica a catena.

In una precedente sentenza del 2007 la Cassazione, sezione tributaria, aveva ulteriormente affermato la necessità di recepire il principio di non contestazione, richiamando il dovere di lealtà e probità posto a carico delle parti dall’art. 88 del codice di procedura civile, parimenti applicabile anche al processo tributario in virtù del rinvio di cui all’art. 1 del Dlgs n. 546/1992, oltre che, soprattutto, il generale principio di economia che deve sempre informare il processo, alla luce del novellato art. 111 della Costituzione, che impone alle parti processuali di collaborare alla ragionevole durata dello stesso, immediatamente delimitando, ove possibile, lo spazio della materia realmente controversa.

 

 

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