- Le istruzioni necessarie per non commettere errori nell'autovalutazione del rischio di riciclaggio.
- Il desiderio di vivere in coppia: qual è la chiave per avere una relazione serena?
- La vita dopo il lockdown, la voglia di innamorarsi ancora
- Perché rivolgersi ad una agenzia matrimoniale
- La4 Distribuzione
Le nuove regole del Jobs Act per i contratti di collaborazione
Dal 25 giugno 2015, in virtù del Decreto Legislativo n.81/2015, è entrato in vigore il c.d Codice dei Contratti, che riunisce in un testo organico la disciplina dei diversi tipi di contratti destinati a regolare tutti i rapporti di lavoro.
Fra i contenuti del suddetto Decreto Legislativo, denso di novità, in questa sede evidenziamo l’art. 2, entrato in vigore il 1° gennaio scorso, avente ad oggetto le “Collaborazioni organizzate dal committente”. La norma prevede il divieto di instaurare rapporti di collaborazione che prevedano contemporaneamente la sussistenza delle seguenti caratteristiche:
- Prestazione di lavoro esclusivamente personale;
- Natura continuativa del rapporto;
- Potere del committente di stabilire i tempi ed il luogo di lavoro (c.d. eterodirezione).
La violazione dei tre parametri determina la conversione dei contratti di collaborazione in rapporti di lavoro subordinato.
Stando così le cose, attualmente le collaborazioni devono avere le seguenti caratteristiche:
- Prestazioni non esclusivamente personali (ad esempio prestazioni assegnate ad un team autogestito, oppure svolte da una società);
- Prestazioni svolte in modo occasionale;
- Prestazioni svolte fuori dall’azienda del committente, e per le quali il collaboratore decide con autonomia i propri orari di lavoro.
La personalità della prestazione e dell’eterodirezione da parte del committente continuano ad essere ammesse per i contratti di collaborazione in quattro casi specifici:
- Collaborazioni espressamente previste dai contratti di lavoro di livello nazionale, “in ragione di esigenze produttive ed organizzative del relativo settore.” . Di fatto, i contratti collettivi nazionali possono individuare particolari ipotesi in cui le aziende potranno instaurare rapporti di collaborazione senza il rispetto dei limiti sopra indicati.
- Collaborazioni prestate per l’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi.
- Attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
- Le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali.
Le collaborazioni possono essere anche a tempo indeterminato.
La novità introdotta dal Jobs Act è l’inversione dell’onere della prova a carico del lavoratore, per cui attualmente è il collaboratore che contesta la qualificazione del rapporto che deve fornire la prova della sussistenza delle caratteristiche individuate dalla Legge.
Al fine di tutelare le aziende da eventuali azioni di rivendicazione della natura subordinata del rapporto, il terzo comma della norma qui commentata dispone che le parti possano ricorrere ad apposite Commissioni, che sono autorizzate a certificare l’assenza dei requisiti della personalità della prestazione e dell’eterodirezione da parte del committente.
Tale certificazione è opponibile nei confronti di qualunque terzo e deve essere sottoposta, prima dell’impugnativa giudiziale, al tentativo obbligatorio di conciliazione presso la Commissione che l’ha rilasciata, conservando la propria validità fino all’emanazione di una sentenza di primo grado che eventualmente ne annulli gli effetti.
Si tratta senza dubbio di uno strumento molto importante, che consente ai datori di lavoro di prevenire eventuali contenziosi giudiziali con i propri collaboratori.