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Il contratto di cessione del credito in materia di sinistro stradale
Accade sempre più spesso che il proprietario di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale si sente chiedere dal titolare dell’officina della carrozzeria al quale si è rivolto per le riparazioni dei danni la sottoscrizione di un modulo di cessione del credito.
Dal punto di vista pratico, l’operazione si svolge nei seguenti termini: il titolare si impegna nei confronti del proprietario del mezzo a riparare il veicolo e riconsegnarlo in tempi brevi, mentre il secondo cede il diritto di credito maturato nei confronti dell’impresa di assicurazione, la quale è dunque tenuta (ricevuta la notifica dell’atto di cessione) a corrispondere il pagamento direttamente al riparatore.
La Corte di Cassazione ha affermato che il credito da risarcimento del danno da sinistro stradale e suscettibile di cessione, in ossequio al principio della libera cedibilità del credito posta agli artt. 1260 ss. c.c..
Tale principio è stato affermato in particolare con riferimento alla cessione del diritto di credito al risarcimento del danno patrimoniale, ponendosi in rilievo che esso è di natura non strettamente personale e che non sussiste specifico divieto normative al riguardo (Cass. n. 11095/2009; Cass. n. 21192/2004; Cass. n. 2812/1986), né d’altro canto rimanendo in tal caso integrata ipotesi di cessione di crediti litigiosi vietata ex art. 1261 c.c. (Cass. n. 51/2012; Cass. n. 52/2012).
Il cessionario è stato pertanto ritenuto legittimato ad agire, in vece del cedente, per l’accertamento giudiziale della responsabilità dell’autore del sinistro stradale e per la conseguente condanna del medesimo e del suo assicuratore per la r.c.a. al risarcimento dei danni (Cass. n. 3965/2012).
Si è al riguardo osservato che ai fini del perfezionamento della cessione del credito è normalmente (laddove il credito non sia cioè di natura strettamente personale e non sussista uno specifica divieto normative al riguardo) necessario e sufficiente l’accordo tra il cedente e il cessionario che determina la successione di quest’ultimo al primo nel medesimo rapporto obbligatorio, con effetti traslativi immediati non solo tra di essi ma anche nei confronti del debitore ceduto, nei cui confronti la cessione diviene efficace all’esito della relativa notificazione o accettazione (Cass. n. 20548/2004).
L’accettazione della cessione ha natura non già costitutiva bensì ricognitiva, a tale stregua non comportando (diversamente dalla delegazione) un’assunzione del debito nei confronti del cessionario, né rimanendo al debitore ceduto precluso far valere l’eccezione di invalidità e di estinzione del rapporto obbligatorio.
L’accettazione vale per altro verso a rimarcare il limite della tutela del debitore di buona fede, facendo venire meno la presunzione di persistenza della titolarità del creditore originario ed escludendo pertanto l’efficacia liberatoria del pagamento fatto al medesimo.
La cessione del credito è un negozio non già astratto, carattere proprio della cessione dei titoli di credito, bensì causale, pur se a causa variabile, a tale stregua al fine della relativa identificazione assumendo rilievo gli interessi dalle parti con la relativa stipulazione in concreto perseguiti nella specifico caso (Cass. n. 51/2012; Cass. n. 52/2012).
Nel porsi in rilievo che il credito derivante da fatto illecito ha i caratteri del credito attuale, tant’é che gli interessi decorrono dal momento del fatto e non già del relativo accertamento giudiziale, si è ulteriormente osservato che certezza, liquidità ed esigibilità del credito sono attributi che non operano nella disciplina della cessione, ma sana previsti in relazione ad istituti diversi, come quello della compensazione (Cass. n. 21192/2004).
Si è altresì sottolineato che la cessione del credito avviene in favore del cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie personali e reali, anche con gli altri accessori, tra i quali vanno senz’altro ricompresi, come anche in dottrina posto in rilievo, i poteri connessi al contenuto e all’esercizio del credito, e in particolare i rimedi convenzionali contro l’inadempimento (es. clausola penale). Non anche, tuttavia, i rimedi posti a tutela della parte contrattuale, sia giudiziali (es. l’azione di risoluzione o di annullamento o di rescissione del contratto), che convenzionali (es. clausola risolutiva espressa), attenendo essi alla sorte del contratto, e non del mero credito.
A parte l’ipotesi ex art. 111 c.p.c., a tale stregua il cessionario può esercitare tutte le azioni previste dalla legge a tutela del credito, volte cioè ad ottenerne la realizzazione, invero spettantegli già in base al principio generale della tutela giurisdizionale dei diritti.
Il cessionario può fare dunque valere l’acquisito diritto di credito al risarcimento nei confronti del debitore ceduto (nel caso che ne occupa il responsabile civile del danno e il suo assicuratore per la r.c.a.) non già in base all’art. 144 cod. ass., in relazione al quale non può invero propriamente parlarsi di cessione, bensì in ragione del titolo costituito dal contratto di cessione del credito, quale effetto naturale del medesimo.