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Nuove regole per le dimissioni dei lavoratori: procedura più complessa e meno tutele per i datori di lavoro
Dal 12 marzo cambia radicalmente la procedura obbligatoria da osservare in caso di dimissioni dal posto di lavoro.
La nuova disciplina è stata introdotta con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 15 dicembre 2015, pubblicato il successivo 11 gennaio 2016, in attuazione di quanto previsto dall’art. 26 del Decreto Legislativo n.151/2015.
Si tratta di una procedura telematica introdotta dal legislatore con l’intento di combattere il fenomeno delle c.d “dimissioni in bianco”, ovvero le dimissioni estorte dal datore di lavoro, che in realtà complica notevolmente le cose.
Dal 12 marzo prossimo, infatti, un lavoratore subordinato che voglia rassegnare le dimissioni, dovrà necessariamente:
1. Registrarsi sul sito “ClicLavoro.gov.it”;
2. Richiedere il proprio PIN all’INPS (direttamente allo sportello, oppure on line, seguendo la relativa procedura sul sito internet). Una parte del PIN verrà inviata a mezzo posta al domicilio del lavoratore;
3. Una volta ottenuta la registrazione ed il codice PIN dell’INPS, accedere al portale ClicLavoro.gov.it”, individuare il modulo di dimissioni/risoluzione consensuale e compilarlo con i propri dati anagrafici, le generalità del datore di lavoro, la data di instaurazione del rapporto, la tipologia del rapporto di lavoro e la data di efficacia delle dimissioni/risoluzione consensuale;
4. Trasmettere il modulo compilato in ogni sua parte a mezzo PEC al datore di lavoro ed alla Direzione Territoriale del Lavoro competente.
In alternativa alla suddetta procedura, il Decreto Ministeriale prevede che il lavoratore possa rivolgersi a quattro diversi soggetti abilitati”, individuati nei: “patronati, organizzazioni sindacali, enti bilaterali e commissioni di certificazione”.
Qualora il lavoratore, entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo, decida di revocare le dimissioni, dovrà rispettare la medesima procedura sopra descritta.
Restano esclusi dalla suddetta disciplina solo le tre seguenti categorie di lavoratori:
1. Lavoratrici-madri o lavoratori-padri nel corso dei primi tre anni di vita del bambino, i quali dovranno continuare a convalidare le dimissioni avanti l’apposito Ufficio presso la Direzione Provinciale del Lavoro competente;
2. I lavoratori che formalizzano le dimissioni/risoluzioni consensuali a seguito di transazioni con il datore di lavoro ratificate davanti alla Direzione Territoriale del Lavoro oppure alle Organizzazioni Sindacali, ai sensi dell’art.2113, comma quarto, Codice Civile;
3. I lavoratori domestici.
Qualora il lavoratore non attivi la suddetta procedura, il Decreto Ministeriale non ha previsto alcuna iniziativa a favore del datore di lavoro, che possa portare alla formalizzazione delle dimissioni. Questa grave lacuna fa sì che, in attesa di un intervento del legislatore, il datore di lavoro debba attivarsi per invitare il lavoratore ad effettuare la comunicazione di dimissioni tramite la procedura telematica.
L’eventuale inadempimento del lavoratore non è sottoposto ad alcuna sanzione.
Cosa fare, quindi nel caso in cui il lavoratore non osservi la procedura sopra descritta?
Allo stato attuale, si arriva al paradosso che il datore di lavoro, per poter avere certezza della risoluzione e poter riprogrammare il proprio organico, dovrà effettuare il licenziamento per assenza ingiustificata, e dunque dovrà versare il ticket licenziamento Naspi (che si aggira mediamente intorno ai millecinquecento euro per le anzianità aziendali superiori a tre anni).
L’auspicio è che, per ovviare a questo deficit della norma, il legislatore provveda in tempi brevi a disciplinare le dimissioni “per fatti concludenti”, in modo da consentire al datore di lavoro di avere certezza in caso di inerzia del lavoratore.
E’ evidente che ci troviamo di fronte ad una norma con molti punti critici, e che non pare tenga conto della realtà lavorativa italiana, fatta di migliaia di lavoratori che non hanno facile accesso ad internet e/o dimestichezza con procedure mediamente complesse.
Proprio per questo motivo, l’Associazione dei Consulenti del Lavoro ha già provveduto ad inoltrare al Ministero del Lavoro una formale richiesta di abrogazione integrale della norma, in quanto: “s’introducono alla generalità dei lavoratori una serie di obblighi molto articolati” .
Nel frattempo, al datore di lavoro non resta che mettere in atto tutti i mezzi e le precauzioni finalizzate a prevenire eventuali comportamenti poco diligenti posti in essere dai propri dipendenti in occasione delle dimissioni.